Al Rose & Crown il gioco delle freccette è aperto a tutti e completamente gratuito.

Last but not the least ricordatevi di stringere la mano all’avversario prima e dopo l’incontro e se lo avete battuto offritegli una birra.

  1. Ricordatevi che una freccetta è molto leggera, la distanza breve, e lo spazio da colpire molto piccolo.
  2. L’unica maniera per essere precisi è di mantenere il corpo assolutamente immobile mentre si tira, muovendo solo l’avambraccio ed il polso.
  3. La posizione base con il piede destro (sinistro per un mancino) in avanti a contatto con la linea di tiro: si pende quindi in avanti mantenendo un perfetto equilibrio, in modo da ridurre la distanza tra la freccetta ed il bersaglio.
  4. Se volete giocare bene e vincere cercate di allenarvi un ora al giorno.
  5. Iniziate cercando di raggruppare le tre freccette il più vicino possibile in una qualsiasi parte del bersaglio, questo permette di allenare il tiro ripetuto.
  6. Poi provate a fare il “Giro dell’orologio” dall’1 al 20 quando riuscite a farlo sufficientemente, provate a fare il “Giro dell’orologio” sui doppi questo allenerà la mira.
  7. Quando acquistate le freccette provate vari tipi e vari pesi finchè non trovate quelle che più vi ispirano.
  8. Imparate a controllare i punteggi vostri e quelli dell’avversario, l’arbitro si può sbagliare.
    Buon Gioco a tutti!!

Un pò di Storia..

Difficile risalire con esattezza alle origini di questo gioco, anche se la parola Dart e Darting appaiano già nel “Oxford English Dictionary” del 1314 non però con significato che diamo noi oggi, e cioè freccette. Un altro riferimento alla parola Dart risulta dai documenti storici del 1532. Tra gli usuali scambi di doni di fine anno la regina Anne Boleyn, regalò al consorte King Henry VIII una serie di darts finemente ornamentati, che venivano usati per cacciare. Un’altra delle popolari leggende afferma che i primi colonizzatori Inglesi i “Padri Pellegrini” sul famoso viaggio del 1620 con la nave “Mayflower”si dilettassero a passare il tempo giocando a freccette. Questo và senz’altro incontrasto con le loro abitudini puritane ed inoltre il rollio della nave rendeva quanto meno precario lo svolgersi del gioco. Inoltre sull’ “English Historical Review” del 1904 che descrive i vari viaggi del “Mayflower” non vi è traccia del gioco delle freccette. Malgrado ciò, Edmund Carl Hady, uno storico delle freccette ,che vive in Pennsylvania, asserisce che i Padri Pellegrini indulgevano in una specie di tiro al bersaglio usando la base di una botte di legno e delle piccole frecce. Parrebbe che il sig. Hady abbia cosi svelato cosa fecero i Padri Pellegrini durante il famoso viaggio, o perlomeno ha supportato la leggenda. L’invenzione della polvere da sparo salvò le freccette dal divenire un importante arma da guerra o da caccia. Ciononostante durante il conflitto mondiale del 1915/18 i piloti della RAF si munivano di freccette quando andavano a caccia di dirigibili Zepplin. Fu però alla fine del secolo scorso nel 1896, che apparve il bersaglio numerato così come lo conosciamo noi, per opera di Brian Gamlin un falegname di Bury (Lancashire), che però morì prima di poter brevettare il tutto. Tuttavia Edmund Carl Hady crede che Gamlin non completò la numerazione e comunque fu aiutato da almeno tre persone, per cui non meriterebbe poi tutta questa gloria postuma.

L’anno più importante nella storia delle freccette è stato senza dubbio il 1908, l’anno della leggendaria sentenza “Foot Anakin”. La legge allora in vigore in Inghilterra diceva che i giochi d’azzardo erano vietati nei PUB, ed il signor Foot Anakin gestore di un locale di Leeds era stato denunciato per aver organizzato un gioco d’azzardo detto “Darts”.
Il processo si svolse presso il tribunale di Leeds, ed il sig. Foot preparò una memoria difensiva a dir poco inusuale, il giorno del processo si presentò in aula con un set di freccette ed un ” Yorkshire Dart Board” (senza tripli e senza anello esterno del bull). Foot ottenne il permesso di sistemare il bersaglio nell’aula e si accinse a dimostrare che il gioco delle freccette era senz’altro di abilità. Nell’atmosfera austera della sala Foot centrò tre volte lo spicchio del 20, poi chiese al collegio giudicante di provare e fare altrettanto. Nessuno si fece avanti così il giudice ordinò ad un giovane messo di tentare l’impresa. Povero ragazzo mancò il bersaglio con le prime due freccette e la terza era ben lontana dal venti. A questo punto mentre il giudice meditava il sig. Foot mise tre freccette sul doppio venti!
“Potete farlo di nuovo, Sig. Anakin? chiese il giudice
“Si “, rispose Foot
Ritornò alla postazione e centrò tre tripli venti. A quel punto tra la meraviglia della gente risuonaro le storiche parole del giudice:
“Questo non è un gioco d’azzardo”
E la causa venne così archiviata.

Il primo 180 di cui si ha traccia è del 1902 a farlo fu un certo John Reader, che lavorava come assistente in una impresa di Pompe Funebri. La partita si svolse in un Pub del Sussex chiamato ” The Highbury Tavern” Nello stesso anno anche Poul Adams fece un 180 a Glasgow presso il Pub “Portland Wine Vaults, di lui non ci è dato sapere cosa facesse. Tutti e due gli eventi vennero registrati dal “Lancashire Weekly News” del 14 Settembre 1902, una copia della quale finì in mano a Eddie Norman, segretario del “Bristol Darts Organisation”.

Interessante è la storia di come si è venuti a chiamare “Oche” la linea di tiro, ed anche come si è arrivati alla misura di tiro. Pare che nel 1908 la Birreria di “S. Hokey & Sons” molto conosciuta nel Devon, Dorset e Cornovaglia, consegnasse la birra in casse di legno della misura di 3 piede (0,91cm.). In alcuni Pub di Portsmouth venne l’idea di usare tre casse messe in fila dal muro come demarcazione della linea di tiro, ecco perchè la frase “Toe to the Oche”. Nel 1911 la Birreria venne venduta e divenne “Petrie Brewers” i nuovi propretari introdussero un nuovo tipo di casse per la consegna che misuravano 2 piedi (0,61 cm.). I pub si adeguarono usando 4 casse e riducendo casi la linea di tiro ad un più consono 8 piedi (2,44 m.) che resistettè sino ai nostri giorni, difatti il torneo “News Of The World” cessato 5 anni fà usò sempre quella misura. Ma si deve al consiglio direttivo della “World Darts Federation” se la misura attuale di 7ft. 9 1/4in. (2,37m.) è in vigore, difatti la loro proposta fu votata durante l’assemblea generale del 1977 mettendo cosi d’accordo sia quelli che volevano mantenere i 2,44m. sia i giocatori dello Yorkshire che stranamente usavano (e volevano imporre) la misura di 2,29m. Pare che invece non ci sia mai stato nessuna contestazione per quanto riguarda l’altezza che è sempre stata universalmente 5ft. 8in. (1,73m.)

PENSAVANO CHE… BISOGNAVA TIRARE AL CENTRO…

Manoscritto a puntate sulla storia della FIGF. (A cura dell’unica fonte attendibile, il quale ha giurato di dire la verità tutta la verità nient’altro che la verità prima della stesura.)

Capitolo primo
Le regole del gioco delle freccette, (se non avete mai preso in mano una freccetta e siete capitati nel nostro sito per caso o perché ci stavate cercando, questo è per voi). I soci possono saltare tutto quello che riguarda le regole, a meno che soffrano d’ amnesia. Grazie.

Come avete intuito dal titolo, m’accingo a colmare una lacuna, spiegando, a chi ne avesse voglia, le regole del gioco delle Freccette così come sono state concepite ed esportate dalla madre patria Albionica ed applicate in tutto il mondo dalla W.D.F. World Darts Federation cui questa spettabile Federazione Italiana Gioco Freccette aderisce dal 1986.
M’accingo a farlo in un modo particolare che non ha niente a vedere con i sintetici, concisi e freddi regolamenti.
Il mio sarà inoltre un tentativo di spiegare la mutazione genetica che il gioco ha compiuto partendo dal suo paese d’origine, la Gran Bretagna, per arrivare in Italia, pur mantenendo intatte le regole.
Fatto ciò lascio a qualcun altro (visto che la mia lunga permanenza in Gran Bretagna non è bastata) il ben più arduo compito di svelare le regole di un altro tipico gioco anglosassone, il “Cricket”, non quello a freccette ma bensì , per intenderci, quello praticato con quella mazza che è l’equivalente di un pallone da rugby rapportato ad un pallone da calcio. L’unica cosa che ho capito, dopo aver passato pomeriggi davanti al televisore, combattendo feroci attacchi di sonno, attacchi dovuti alla monotonia, sia del gioco, sia dal tono di voce del commentatore, è che le partite possono durare giorni, il ritmo è blando, il pubblico mangia tartine e beve thè, che fa molto snob, e che ha dato origine ad un modo di dire: “That’s no Cricket” per intendere di un comportamento non da gentiluomini.

Ritornando al titolo è indubbio che la maggior parte delle persone nel nostro paese fa quest’affermazione guardando un giocatore esperto che tiri tre freccette sul bersaglio – Dart Board – o lo pensa anche se non le vede tirare.
Ammetto che ciò m’abbia sempre sbalordito perché se un’affermazione del genere è plausibile per un bersaglio tiro a segno, per intendersi quello giallo e nero con centri concentrici e la sua fanciullesca divisione dei punti che dall’esterno all’interno aumentano di valore, è invece totalmente impensabile per il nostro bersaglio a spicchi con la numerazione da uno a venti così perfettamente divisa da supporre che l’ideatore concepì l’idea dopo aver raggiunto il “Satori” nella posizione del loto oppure l’ispirazione si manifestò dopo una crisi etilica.
Non esiste infatti nel bersaglio un settore dove si ha la certezza di fare tanti punti perché ad un valore alto è accostato un valore basso così che accanto, ad esempio, allo spicchio del venti, che va sempre posto verticalmente in centro e in alto, troviamo da una parte uno e dall’altra il cinque.
Visto che ne stiamo parlando, eccovi le misure per appenderlo all’altezza giusta il bersaglio, che è di metri 1,73 dal suolo al suo centro rosso , e per la linea di tiro invece è di metri 2,37 dalla faccia del bersaglio.

A questo punto appena divulgherete queste misure ad un neofita vi sentirete dire: ma come, tirate da così vicino? stupore che scompare appena spiegate che bisogna colpire anche, e soprattutto, gli spicchi dei doppi che non sono esattamente delle porte di calcio.

Continuando ad analizzare il bersaglio come non notare appunto i suoi spazi verdi e rossi (in Inglese Beds ovvero “letti”) che abbelliscono lo spicchio, quelli esterni (doppi dove il punteggio raddoppia) e quelli interni (tripli dove il punteggio triplica) ognuno con la sua importanza, la sua personalità, i ricordi di partite vinte e perse, le innumerevoli combinazioni e soluzioni matematiche che permettono di chiudere una partita e che fanno affermare agli esperti che il centro non centra, o meglio centra solo quando serve.
Un classico delle magliette Inglesi sul gioco delle freccette, è quella in cui è raffigurato un uomo e due donne a letto e sotto la dicitura: “A dart player like three in a bed” al giocatore di freccette piace stare in tre a letto, chiaramente riferito a mettere tre freccette nel letto del triplo venti.
E già perché a differenza del tiro a segno che unisce altri sport (tiro con l’arco, pistola, o fucile dove il centro è protagonista) nel nostro bersaglio è il “letto” del triplo venti (60 punti) il più ambito e il più cercato, quello che tutti i giocatori del mondo sognano di colpire con più facilità per arrivare ai doppi prima dell’avversario, e ben conosce, chi gioca la piacevole sensazione che si prova quando una freccetta lo centra, paragonabile ad un inizio d’approccio amoroso con una bella ragazza, sensazione che aumenta d’intensità se la seconda e terza freccetta seguono la prima, realizzando così l’emplain di 180 punti, in altre parole il massimo realizzabile con un tiro.
Lo sa bene chi gioca che non a caso è calzante il paragone “amoroso” perché anche in questo caso il primo 180 non si scorda mai.
Da non sottovalutare in ogni caso anche gli spazi del triplo 19 (57 punti: ci sono giocatori che si specializzano nel tirarci sempre), 18 (54 punti), 17 (51punti), anche questi valgono più del centro rosso (50 punti) che ha indubbiamente dalla sua un fascino innegabile ed essendo oltretutto un doppio dell’area verde che lo circonda (25 punti) regala al pubblico chiusure spettacolari. Ricordo a tal proposito che la prima chiusura possibile è la combinazione triplo 20 triplo 20 centro rosso che azzera il primo punteggio possibile e in pratica 170. Agli inizi dell’attività federativa era usanza rilasciare un attestato per i 180 fatti e tenere un albo d’oro per le chiusure a 170, il fatto che adesso non s’usa più è un sintomo del livello raggiunto dai nostri giocatori.
Nei rimanenti spazi più abbondanti, e per questo più facili da colpire, che non abbiamo citato, il punteggio è nominale ed è detto anche “singolo”.
Così un po’ alla volta stiamo addentrandoci nella terminologia del gioco delle freccette che prende a prestito parole inglesi e parole italiane che si completano e sono ormai entrate nel lessico comune dei giocatori.
Avvicinatevi ad un paio di giocatori in un dopo partita e sentirete… la doppia non m’entrava…non ero capace di chiudere… ho preso il singolo 20, triplo 18 ed ho sbagliato la chiusura. Dimenticavo: le partite cominciano con 501 punti a testa e come gran parte delle cose nate in Gran Bretagna o sono al contrario o sono in ogni caso strane, basti ricordare la guida a sinistra, nel nostro caso il punteggio ottenuto con ogni tiro va sottratto anziché addizionato, e vince chi per primo azzera esattamente la somma iniziale di 501 punti, con la leggera ed apparente difficoltà che l’ultima freccetta deve obbligatoriamente colpire un doppio (gli spazi verdi o rossi dell’anello esterno, oppure il centro rosso) chiaramente nel settore che numericamente totalizzi il punti necessari per arrivare perfettamente a zero.
Per cui tornando alla conversazione riportata si deduce che il giocatore era rimasto con un punteggio di 110 prima di tirare le sue tre freccette con la prima ha colpito il 20 singolo (110-20=90) rimanendo così a 90 punti, con la seconda ha colpito il triplo 18 (90-54=36) rimanendo così a 36 punti, quindi con una possibilità di chiudere e vincere la partita, ma indubbiamente la terza freccetta non ha centrato lo spazio dell’anello esterno (doppio) del 18 che fa appunto 36, e a sentire anche il tono mesto è probabile che l’avversario non gli abbia dato un’altra possibilità e deve aver chiuso lui la partita.
Considerando dunque che gli spicchi numerati sono 20, più il centro rosso, si hanno 21 possibilità di chiudere un incontro in pratica se vi mancano per azzerare i 501 punti iniziali: 2 punti (doppio 1) 4 punti (doppio 2) 6 punti (doppio 3) 8 punti (doppio 4) 10 punti (doppio 5) 12 punti (doppio 6) etc. etc… fino a 40 punti (doppio 20) ed un ulteriore possibilità se vi rimangono 50 punti (centro rosso) che come vedete centra quando serve.
Riassumendo gli spazi verdi e rossi dell’anello interno si chiamano tripli e se colpiti, il valore segnato sul bordo del bersaglio con un cerchio di numeri di ferro, va triplicato, gli spazi verdi e rossi dell’anello esterno valgono il doppio e se colpiti durante la partita il punteggio è raddoppiato, inoltre servono per chiudere e vincere la partita se con la prima la seconda o terza freccetta azzerano esattamente il punteggio che il giocatore ha.
Questo a grandi linee dovrebbe darvi un’idea del gioco, ma vediamo adesso d’anticipare qualche domanda.

Come avete notato non si può chiudere una partita se vi rimane un punteggio dispari, se nel tentativo di chiudere sul doppio 7 (14 punti) colpite lo spicchio nel suo valore nominale, in altre parole il 7 la ferrea regola del gioco che dice fin che ci sono punti si sottrae, vi lascia a 7 punti. Per spiegare meglio questa situazione prenderemo a prestito il gioco a carte “scala quaranta” quando vi rimangono due carte e v’incartate, bisogna correre ai ripari, nel nostro caso non vi rimane che tentare di colpire con la seconda freccetta il singolo 3 se vi riesce, i 3 punti sottratti serviranno a rimettervi in pari (7-3=4) ed avete ancora una freccetta per tentare di vincere la partita colpendo il 2 nello spazio del doppio (4 punti).
Restando su quest’esempio i più svegli che hanno visto la numerazione sul bersaglio potranno chiedere: “Ma se rimango a 7 punti e con la seconda freccetta invece di colpire il singolo 3 colpisco il singolo 17 che guarda caso si trovava a passare di là cosa succede”? succede che ne avete fatti troppi, sentirete l’arbitro dire: “No score” se siete all’estero oppure sentirete “troppi” se siete in Italia, il che vuol dire punteggio non valido non tirerete la terza freccetta, lascerete la pedana all’avversario e ritornerete al punteggio che avevate prima del tiro e cioè 14 punti.
E dunque buona norma cercare di portarsi a 32 punti in modo che se si sbaglia si hanno ancora possibilità di chiudere l’incontro: doppio 16, doppio 8, doppio 4, doppio 2, doppio 1.
Può succedere dunque che sottraendo e sbagliando i doppi s’arrivi al punteggio di 2 ovvero con la sola ed unica possibilità di vincere l’incontro colpendo il doppio 1, perché qualsiasi altra cosa si colpisca anche 1 singolo è considerato nullo (non si può ovviamente rimanere ad 1 punto). In questa situazione gli Inglesi hanno coniato la frase “you are in the mad house” in altre parole, vi trovate al manicomio, perché è una situazione frustrante avendo una sola possibilità (che è quella di colpire il doppio1) lo stress aumenta e la concentrazione può svanire.
Mi ricordo che agli inizi ,quando al Dart Club Treviso, da me aperto il 28/10/83, si passavano le serate ad insegnare a giocare, succedeva spesso che entrambi i giocatori si trovassero a doppio 1, in tal caso per toglierli da una situazione d’imbarazzante disagio e per liberare la pedana, dopo un paio di tentativi scattava una regola non scritta, che permetteva di provare ancora per tre turni dopo di che, se nessuno dei due chiudeva l’incontro, entrambi avevano la possibilità di tirare una freccetta al centro e vinceva naturalmente chi s’avvicinava di più. Questa regola aveva uno strano potere che forse derivava dal tono di voce con cui era recitata, fatto sta che difficilmente s’arrivava a tirare al centro, ma anzi nel tiro successivo uno dei due chiudeva. Ciò m’era incomprensibile agli inizi, ma poi visto che la cosa si ripeteva con assiduità, elaborai una mia personale tesi, in effetti la formula sembrava sottintendere: ma siete proprio degli incapaci, dai provate ancora un po’ che poi vi faccio tirare al centro.
Ecco, questo doveva essere il messaggio reale che arrivava perché di colpo i giocatori in pedana diventavano dei John Lowe.
(Campione Inglese, che per primo in diretta televisiva ha chiuso una partita in 9 freccette= 3 tiri: 180 punti, primo e secondo tiro, per concludere con triplo 17=51 triplo 18=54 e doppio 18=36 controllate pure: totale 501).
Naturalmente in partite ufficiali questa regola non si applica e si lasciano giocare i due contendenti finche uno dei due non chiude. Ma anche qui vale il discorso dei 180 e delle chiusure a 170: l’ottimo livello di gioco raggiunto dai nostri tesserati fa si che il tutto non duri più di uno o due tentativi.
La regola non scritta che s’applicava invece in Gran Bretagna era quella che, nel caso in cui il giocatore colpiva il singolo uno, chiedeva all’avversario: “Split the eleven?” cioè divido l’undici,
Ad una risposta di solito affermativa, tirava una sola freccetta cercando di colpire lo spazio nero tra i due uno che formano il numero undici sulla griglia di ferro, e se colpito, e non si era in gara ufficiale, il risultato era accettato.
Termino questo primo capitolo con un simpatico aneddoto che riassume quanto detto sopra. Durante la finale del secondo campionato Nazionale a squadre sul campo neutro di Montebelluna, riesco a convincere un giornalista della Tribuna di Treviso ad assistere all’incontro e mi do’ da fare per spiegare regole e bellezza di questo giovane sport che può essere spettacolare con le sue chiusure e combinazioni, bè tutto procede abbastanza bene, anche se la tensione dell’incontro tra i campioni in carica del Treviso e l’agguerrito Saletto era palpabile nell’aria, le partite si susseguivano senza clamorosi colpi ma nulla poteva far presagire quello che successe nell’incontro decisivo, entrambi i giocatori arrivarono al doppio uno in altre parole, in manicomio, anzi col senno di poi, mi sembra che volessero proprio andarci, e li si fermarono non esagero per una buona mezz’ora.
Continuavo a spiegare all’incredulo giornalista che la tensione può giocare brutti tiri! (sic) e che in ogni caso il tutto era da considerarsi un evento raro, mentre loro imperterriti continuavano a martoriare tutte le aree possibili ed immaginabili del bersaglio attorno al doppio uno, con l’aggravante che non avendo ancora in dotazione le ciambelle di gomma, le poche freccette che non colpivano il bersaglio, colpendo la parete di legno, rimbombavano impietosamente, nel silenzio della sala, aggravando ulteriormente lo stress ai due giocatori.
Per la cronaca chiuse l’incontro e diede il titolo alla sua squadra il giocatore del Dart Club Saletto, facendo tirare… a tutti un sospiro di sollievo, incluso quello dell’avversario.
Termina qui la prima puntata, dedicata alle regole del gioco.
Vi sorprenderà come da una semplice partita di freccette che si può giocare tra due amici, crescendo in soci, ed elargendo innumerevoli cariche, siamo riusciti a complicarci la vita tra regolamenti, statuti, sanzioni ed infuocate riunioni in innumerevoli assemblee, per svolgere una dignitosa attività agonistica, Nazionale ed Internazionale.

Un caro saluto e a presto dal vostro
Luciano Caserta

Guarda le foto e le classifiche dei vari tornei

[nggallery id=8]Al Rose & Crown il gioco delle freccette è aperto a tutti e completamente gratuito.

Last but not the least ricordatevi di stringere la mano all’avversario prima e dopo l’incontro e se lo avete battuto offritegli una birra.

1) Ricordatevi che una freccetta è molto leggera, la distanza breve, e lo spazio da colpire molto piccolo.
2) L’unica maniera per essere precisi è di mantenere il corpo assolutamente immobile mentre si tira, muovendo solo l’avambraccio ed il polso.
3) La posizione base con il piede destro (sinistro per un mancino) in avanti a contatto con la linea di tiro: si pende quindi in avanti mantenendo un perfetto equilibrio, in modo da ridurre la distanza tra la freccetta ed il bersaglio.
4) Se volete giocare bene e vincere cercate di allenarvi un ora al giorno.
5) Iniziate cercando di raggruppare le tre freccette il più vicino possibile in una qualsiasi parte del bersaglio, questo permette di allenare il tiro ripetuto.
6) Poi provate a fare il “Giro dell’orologio” dall’1 al 20 quando riuscite a farlo sufficientemente, provate a fare il “Giro dell’orologio” sui doppi questo allenerà la mira.
7) Quando acquistate le freccette provate vari tipi e vari pesi finchè non trovate quelle che più vi ispirano.
8) Imparate a controllare i punteggi vostri e quelli dell’avversario, l’arbitro si può sbagliare.
Buon Gioco a tutti!!

Un pò di Storia..

Difficile risalire con esattezza alle origini di questo gioco, anche se la parola Dart e Darting appaiano già nel “Oxford English Dictionary” del 1314 non però con significato che diamo noi oggi, e cioè freccette. Un altro riferimento alla parola Dart risulta dai documenti storici del 1532. Tra gli usuali scambi di doni di fine anno la regina Anne Boleyn, regalò al consorte King Henry VIII una serie di darts finemente ornamentati, che venivano usati per cacciare. Un’altra delle popolari leggende afferma che i primi colonizzatori Inglesi i “Padri Pellegrini” sul famoso viaggio del 1620 con la nave “Mayflower”si dilettassero a passare il tempo giocando a freccette. Questo và senz’altro incontrasto con le loro abitudini puritane ed inoltre il rollio della nave rendeva quanto meno precario lo svolgersi del gioco. Inoltre sull’ “English Historical Review” del 1904 che descrive i vari viaggi del “Mayflower” non vi è traccia del gioco delle freccette. Malgrado ciò, Edmund Carl Hady, uno storico delle freccette ,che vive in Pennsylvania, asserisce che i Padri Pellegrini indulgevano in una specie di tiro al bersaglio usando la base di una botte di legno e delle piccole frecce. Parrebbe che il sig. Hady abbia cosi svelato cosa fecero i Padri Pellegrini durante il famoso viaggio, o perlomeno ha supportato la leggenda. L’invenzione della polvere da sparo salvò le freccette dal divenire un importante arma da guerra o da caccia. Ciononostante durante il conflitto mondiale del 1915/18 i piloti della RAF si munivano di freccette quando andavano a caccia di dirigibili Zepplin. Fu però alla fine del secolo scorso nel 1896, che apparve il bersaglio numerato così come lo conosciamo noi, per opera di Brian Gamlin un falegname di Bury (Lancashire), che però morì prima di poter brevettare il tutto. Tuttavia Edmund Carl Hady crede che Gamlin non completò la numerazione e comunque fu aiutato da almeno tre persone, per cui non meriterebbe poi tutta questa gloria postuma.

L’anno più importante nella storia delle freccette è stato senza dubbio il 1908, l’anno della leggendaria sentenza “Foot Anakin”. La legge allora in vigore in Inghilterra diceva che i giochi d’azzardo erano vietati nei PUB, ed il signor Foot Anakin gestore di un locale di Leeds era stato denunciato per aver organizzato un gioco d’azzardo detto “Darts”.
Il processo si svolse presso il tribunale di Leeds, ed il sig. Foot preparò una memoria difensiva a dir poco inusuale, il giorno del processo si presentò in aula con un set di freccette ed un ” Yorkshire Dart Board” (senza tripli e senza anello esterno del bull). Foot ottenne il permesso di sistemare il bersaglio nell’aula e si accinse a dimostrare che il gioco delle freccette era senz’altro di abilità. Nell’atmosfera austera della sala Foot centrò tre volte lo spicchio del 20, poi chiese al collegio giudicante di provare e fare altrettanto. Nessuno si fece avanti così il giudice ordinò ad un giovane messo di tentare l’impresa. Povero ragazzo mancò il bersaglio con le prime due freccette e la terza era ben lontana dal venti. A questo punto mentre il giudice meditava il sig. Foot mise tre freccette sul doppio venti!
“Potete farlo di nuovo, Sig. Anakin? chiese il giudice
“Si “, rispose Foot
Ritornò alla postazione e centrò tre tripli venti. A quel punto tra la meraviglia della gente risuonaro le storiche parole del giudice:
“Questo non è un gioco d’azzardo”
E la causa venne così archiviata.

Il primo 180 di cui si ha traccia è del 1902 a farlo fu un certo John Reader, che lavorava come assistente in una impresa di Pompe Funebri. La partita si svolse in un Pub del Sussex chiamato ” The Highbury Tavern” Nello stesso anno anche Poul Adams fece un 180 a Glasgow presso il Pub “Portland Wine Vaults, di lui non ci è dato sapere cosa facesse. Tutti e due gli eventi vennero registrati dal “Lancashire Weekly News” del 14 Settembre 1902, una copia della quale finì in mano a Eddie Norman, segretario del “Bristol Darts Organisation”.

Interessante è la storia di come si è venuti a chiamare “Oche” la linea di tiro, ed anche come si è arrivati alla misura di tiro. Pare che nel 1908 la Birreria di “S. Hokey & Sons” molto conosciuta nel Devon, Dorset e Cornovaglia, consegnasse la birra in casse di legno della misura di 3 piede (0,91cm.). In alcuni Pub di Portsmouth venne l’idea di usare tre casse messe in fila dal muro come demarcazione della linea di tiro, ecco perchè la frase “Toe to the Oche”. Nel 1911 la Birreria venne venduta e divenne “Petrie Brewers” i nuovi propretari introdussero un nuovo tipo di casse per la consegna che misuravano 2 piedi (0,61 cm.). I pub si adeguarono usando 4 casse e riducendo casi la linea di tiro ad un più consono 8 piedi (2,44 m.) che resistettè sino ai nostri giorni, difatti il torneo “News Of The World” cessato 5 anni fà usò sempre quella misura. Ma si deve al consiglio direttivo della “World Darts Federation” se la misura attuale di 7ft. 9 1/4in. (2,37m.) è in vigore, difatti la loro proposta fu votata durante l’assemblea generale del 1977 mettendo cosi d’accordo sia quelli che volevano mantenere i 2,44m. sia i giocatori dello Yorkshire che stranamente usavano (e volevano imporre) la misura di 2,29m. Pare che invece non ci sia mai stato nessuna contestazione per quanto riguarda l’altezza che è sempre stata universalmente 5ft. 8in. (1,73m.)

PENSAVANO CHE… BISOGNAVA TIRARE AL CENTRO…

Manoscritto a puntate sulla storia della FIGF. (A cura dell’unica fonte attendibile, il quale ha giurato di dire la verità tutta la verità nient’altro che la verità prima della stesura.)

Capitolo primo
Le regole del gioco delle freccette, (se non avete mai preso in mano una freccetta e siete capitati nel nostro sito per caso o perché ci stavate cercando, questo è per voi). I soci possono saltare tutto quello che riguarda le regole, a meno che soffrano d’ amnesia. Grazie.

Come avete intuito dal titolo, m’accingo a colmare una lacuna, spiegando, a chi ne avesse voglia, le regole del gioco delle Freccette così come sono state concepite ed esportate dalla madre patria Albionica ed applicate in tutto il mondo dalla W.D.F. World Darts Federation cui questa spettabile Federazione Italiana Gioco Freccette aderisce dal 1986.
M’accingo a farlo in un modo particolare che non ha niente a vedere con i sintetici, concisi e freddi regolamenti.
Il mio sarà inoltre un tentativo di spiegare la mutazione genetica che il gioco ha compiuto partendo dal suo paese d’origine, la Gran Bretagna, per arrivare in Italia, pur mantenendo intatte le regole.
Fatto ciò lascio a qualcun altro (visto che la mia lunga permanenza in Gran Bretagna non è bastata) il ben più arduo compito di svelare le regole di un altro tipico gioco anglosassone, il “Cricket”, non quello a freccette ma bensì , per intenderci, quello praticato con quella mazza che è l’equivalente di un pallone da rugby rapportato ad un pallone da calcio. L’unica cosa che ho capito, dopo aver passato pomeriggi davanti al televisore, combattendo feroci attacchi di sonno, attacchi dovuti alla monotonia, sia del gioco, sia dal tono di voce del commentatore, è che le partite possono durare giorni, il ritmo è blando, il pubblico mangia tartine e beve thè, che fa molto snob, e che ha dato origine ad un modo di dire: “That’s no Cricket” per intendere di un comportamento non da gentiluomini.

Ritornando al titolo è indubbio che la maggior parte delle persone nel nostro paese fa quest’affermazione guardando un giocatore esperto che tiri tre freccette sul bersaglio – Dart Board – o lo pensa anche se non le vede tirare.
Ammetto che ciò m’abbia sempre sbalordito perché se un’affermazione del genere è plausibile per un bersaglio tiro a segno, per intendersi quello giallo e nero con centri concentrici e la sua fanciullesca divisione dei punti che dall’esterno all’interno aumentano di valore, è invece totalmente impensabile per il nostro bersaglio a spicchi con la numerazione da uno a venti così perfettamente divisa da supporre che l’ideatore concepì l’idea dopo aver raggiunto il “Satori” nella posizione del loto oppure l’ispirazione si manifestò dopo una crisi etilica.
Non esiste infatti nel bersaglio un settore dove si ha la certezza di fare tanti punti perché ad un valore alto è accostato un valore basso così che accanto, ad esempio, allo spicchio del venti, che va sempre posto verticalmente in centro e in alto, troviamo da una parte uno e dall’altra il cinque.
Visto che ne stiamo parlando, eccovi le misure per appenderlo all’altezza giusta il bersaglio, che è di metri 1,73 dal suolo al suo centro rosso , e per la linea di tiro invece è di metri 2,37 dalla faccia del bersaglio.

A questo punto appena divulgherete queste misure ad un neofita vi sentirete dire: ma come, tirate da così vicino? stupore che scompare appena spiegate che bisogna colpire anche, e soprattutto, gli spicchi dei doppi che non sono esattamente delle porte di calcio.

Continuando ad analizzare il bersaglio come non notare appunto i suoi spazi verdi e rossi (in Inglese Beds ovvero “letti”) che abbelliscono lo spicchio, quelli esterni (doppi dove il punteggio raddoppia) e quelli interni (tripli dove il punteggio triplica) ognuno con la sua importanza, la sua personalità, i ricordi di partite vinte e perse, le innumerevoli combinazioni e soluzioni matematiche che permettono di chiudere una partita e che fanno affermare agli esperti che il centro non centra, o meglio centra solo quando serve.
Un classico delle magliette Inglesi sul gioco delle freccette, è quella in cui è raffigurato un uomo e due donne a letto e sotto la dicitura: “A dart player like three in a bed” al giocatore di freccette piace stare in tre a letto, chiaramente riferito a mettere tre freccette nel letto del triplo venti.
E già perché a differenza del tiro a segno che unisce altri sport (tiro con l’arco, pistola, o fucile dove il centro è protagonista) nel nostro bersaglio è il “letto” del triplo venti (60 punti) il più ambito e il più cercato, quello che tutti i giocatori del mondo sognano di colpire con più facilità per arrivare ai doppi prima dell’avversario, e ben conosce, chi gioca la piacevole sensazione che si prova quando una freccetta lo centra, paragonabile ad un inizio d’approccio amoroso con una bella ragazza, sensazione che aumenta d’intensità se la seconda e terza freccetta seguono la prima, realizzando così l’emplain di 180 punti, in altre parole il massimo realizzabile con un tiro.
Lo sa bene chi gioca che non a caso è calzante il paragone “amoroso” perché anche in questo caso il primo 180 non si scorda mai.
Da non sottovalutare in ogni caso anche gli spazi del triplo 19 (57 punti: ci sono giocatori che si specializzano nel tirarci sempre), 18 (54 punti), 17 (51punti), anche questi valgono più del centro rosso (50 punti) che ha indubbiamente dalla sua un fascino innegabile ed essendo oltretutto un doppio dell’area verde che lo circonda (25 punti) regala al pubblico chiusure spettacolari. Ricordo a tal proposito che la prima chiusura possibile è la combinazione triplo 20 triplo 20 centro rosso che azzera il primo punteggio possibile e in pratica 170. Agli inizi dell’attività federativa era usanza rilasciare un attestato per i 180 fatti e tenere un albo d’oro per le chiusure a 170, il fatto che adesso non s’usa più è un sintomo del livello raggiunto dai nostri giocatori.
Nei rimanenti spazi più abbondanti, e per questo più facili da colpire, che non abbiamo citato, il punteggio è nominale ed è detto anche “singolo”.
Così un po’ alla volta stiamo addentrandoci nella terminologia del gioco delle freccette che prende a prestito parole inglesi e parole italiane che si completano e sono ormai entrate nel lessico comune dei giocatori.
Avvicinatevi ad un paio di giocatori in un dopo partita e sentirete… la doppia non m’entrava…non ero capace di chiudere… ho preso il singolo 20, triplo 18 ed ho sbagliato la chiusura. Dimenticavo: le partite cominciano con 501 punti a testa e come gran parte delle cose nate in Gran Bretagna o sono al contrario o sono in ogni caso strane, basti ricordare la guida a sinistra, nel nostro caso il punteggio ottenuto con ogni tiro va sottratto anziché addizionato, e vince chi per primo azzera esattamente la somma iniziale di 501 punti, con la leggera ed apparente difficoltà che l’ultima freccetta deve obbligatoriamente colpire un doppio (gli spazi verdi o rossi dell’anello esterno, oppure il centro rosso) chiaramente nel settore che numericamente totalizzi il punti necessari per arrivare perfettamente a zero.
Per cui tornando alla conversazione riportata si deduce che il giocatore era rimasto con un punteggio di 110 prima di tirare le sue tre freccette con la prima ha colpito il 20 singolo (110-20=90) rimanendo così a 90 punti, con la seconda ha colpito il triplo 18 (90-54=36) rimanendo così a 36 punti, quindi con una possibilità di chiudere e vincere la partita, ma indubbiamente la terza freccetta non ha centrato lo spazio dell’anello esterno (doppio) del 18 che fa appunto 36, e a sentire anche il tono mesto è probabile che l’avversario non gli abbia dato un’altra possibilità e deve aver chiuso lui la partita.
Considerando dunque che gli spicchi numerati sono 20, più il centro rosso, si hanno 21 possibilità di chiudere un incontro in pratica se vi mancano per azzerare i 501 punti iniziali: 2 punti (doppio 1) 4 punti (doppio 2) 6 punti (doppio 3) 8 punti (doppio 4) 10 punti (doppio 5) 12 punti (doppio 6) etc. etc… fino a 40 punti (doppio 20) ed un ulteriore possibilità se vi rimangono 50 punti (centro rosso) che come vedete centra quando serve.
Riassumendo gli spazi verdi e rossi dell’anello interno si chiamano tripli e se colpiti, il valore segnato sul bordo del bersaglio con un cerchio di numeri di ferro, va triplicato, gli spazi verdi e rossi dell’anello esterno valgono il doppio e se colpiti durante la partita il punteggio è raddoppiato, inoltre servono per chiudere e vincere la partita se con la prima la seconda o terza freccetta azzerano esattamente il punteggio che il giocatore ha.
Questo a grandi linee dovrebbe darvi un’idea del gioco, ma vediamo adesso d’anticipare qualche domanda.

Come avete notato non si può chiudere una partita se vi rimane un punteggio dispari, se nel tentativo di chiudere sul doppio 7 (14 punti) colpite lo spicchio nel suo valore nominale, in altre parole il 7 la ferrea regola del gioco che dice fin che ci sono punti si sottrae, vi lascia a 7 punti. Per spiegare meglio questa situazione prenderemo a prestito il gioco a carte “scala quaranta” quando vi rimangono due carte e v’incartate, bisogna correre ai ripari, nel nostro caso non vi rimane che tentare di colpire con la seconda freccetta il singolo 3 se vi riesce, i 3 punti sottratti serviranno a rimettervi in pari (7-3=4) ed avete ancora una freccetta per tentare di vincere la partita colpendo il 2 nello spazio del doppio (4 punti).
Restando su quest’esempio i più svegli che hanno visto la numerazione sul bersaglio potranno chiedere: “Ma se rimango a 7 punti e con la seconda freccetta invece di colpire il singolo 3 colpisco il singolo 17 che guarda caso si trovava a passare di là cosa succede”? succede che ne avete fatti troppi, sentirete l’arbitro dire: “No score” se siete all’estero oppure sentirete “troppi” se siete in Italia, il che vuol dire punteggio non valido non tirerete la terza freccetta, lascerete la pedana all’avversario e ritornerete al punteggio che avevate prima del tiro e cioè 14 punti.
E dunque buona norma cercare di portarsi a 32 punti in modo che se si sbaglia si hanno ancora possibilità di chiudere l’incontro: doppio 16, doppio 8, doppio 4, doppio 2, doppio 1.
Può succedere dunque che sottraendo e sbagliando i doppi s’arrivi al punteggio di 2 ovvero con la sola ed unica possibilità di vincere l’incontro colpendo il doppio 1, perché qualsiasi altra cosa si colpisca anche 1 singolo è considerato nullo (non si può ovviamente rimanere ad 1 punto). In questa situazione gli Inglesi hanno coniato la frase “you are in the mad house” in altre parole, vi trovate al manicomio, perché è una situazione frustrante avendo una sola possibilità (che è quella di colpire il doppio1) lo stress aumenta e la concentrazione può svanire.
Mi ricordo che agli inizi ,quando al Dart Club Treviso, da me aperto il 28/10/83, si passavano le serate ad insegnare a giocare, succedeva spesso che entrambi i giocatori si trovassero a doppio 1, in tal caso per toglierli da una situazione d’imbarazzante disagio e per liberare la pedana, dopo un paio di tentativi scattava una regola non scritta, che permetteva di provare ancora per tre turni dopo di che, se nessuno dei due chiudeva l’incontro, entrambi avevano la possibilità di tirare una freccetta al centro e vinceva naturalmente chi s’avvicinava di più. Questa regola aveva uno strano potere che forse derivava dal tono di voce con cui era recitata, fatto sta che difficilmente s’arrivava a tirare al centro, ma anzi nel tiro successivo uno dei due chiudeva. Ciò m’era incomprensibile agli inizi, ma poi visto che la cosa si ripeteva con assiduità, elaborai una mia personale tesi, in effetti la formula sembrava sottintendere: ma siete proprio degli incapaci, dai provate ancora un po’ che poi vi faccio tirare al centro.
Ecco, questo doveva essere il messaggio reale che arrivava perché di colpo i giocatori in pedana diventavano dei John Lowe.
(Campione Inglese, che per primo in diretta televisiva ha chiuso una partita in 9 freccette= 3 tiri: 180 punti, primo e secondo tiro, per concludere con triplo 17=51 triplo 18=54 e doppio 18=36 controllate pure: totale 501).
Naturalmente in partite ufficiali questa regola non si applica e si lasciano giocare i due contendenti finche uno dei due non chiude. Ma anche qui vale il discorso dei 180 e delle chiusure a 170: l’ottimo livello di gioco raggiunto dai nostri tesserati fa si che il tutto non duri più di uno o due tentativi.
La regola non scritta che s’applicava invece in Gran Bretagna era quella che, nel caso in cui il giocatore colpiva il singolo uno, chiedeva all’avversario: “Split the eleven?” cioè divido l’undici,
Ad una risposta di solito affermativa, tirava una sola freccetta cercando di colpire lo spazio nero tra i due uno che formano il numero undici sulla griglia di ferro, e se colpito, e non si era in gara ufficiale, il risultato era accettato.
Termino questo primo capitolo con un simpatico aneddoto che riassume quanto detto sopra. Durante la finale del secondo campionato Nazionale a squadre sul campo neutro di Montebelluna, riesco a convincere un giornalista della Tribuna di Treviso ad assistere all’incontro e mi do’ da fare per spiegare regole e bellezza di questo giovane sport che può essere spettacolare con le sue chiusure e combinazioni, bè tutto procede abbastanza bene, anche se la tensione dell’incontro tra i campioni in carica del Treviso e l’agguerrito Saletto era palpabile nell’aria, le partite si susseguivano senza clamorosi colpi ma nulla poteva far presagire quello che successe nell’incontro decisivo, entrambi i giocatori arrivarono al doppio uno in altre parole, in manicomio, anzi col senno di poi, mi sembra che volessero proprio andarci, e li si fermarono non esagero per una buona mezz’ora.
Continuavo a spiegare all’incredulo giornalista che la tensione può giocare brutti tiri! (sic) e che in ogni caso il tutto era da considerarsi un evento raro, mentre loro imperterriti continuavano a martoriare tutte le aree possibili ed immaginabili del bersaglio attorno al doppio uno, con l’aggravante che non avendo ancora in dotazione le ciambelle di gomma, le poche freccette che non colpivano il bersaglio, colpendo la parete di legno, rimbombavano impietosamente, nel silenzio della sala, aggravando ulteriormente lo stress ai due giocatori.
Per la cronaca chiuse l’incontro e diede il titolo alla sua squadra il giocatore del Dart Club Saletto, facendo tirare… a tutti un sospiro di sollievo, incluso quello dell’avversario.
Termina qui la prima puntata, dedicata alle regole del gioco.
Vi sorprenderà come da una semplice partita di freccette che si può giocare tra due amici, crescendo in soci, ed elargendo innumerevoli cariche, siamo riusciti a complicarci la vita tra regolamenti, statuti, sanzioni ed infuocate riunioni in innumerevoli assemblee, per svolgere una dignitosa attività agonistica, Nazionale ed Internazionale.

Un caro saluto e a presto dal vostro
Luciano Caserta

Guarda le foto e le classifiche dei vari tornei

[nggallery id=8]